"SOLO L'ASSENZA DI CERTEZZE PUÒ AIUTARCI A RESTARE LIBERI"
(Roberto Esposito)

venerdì 13 dicembre 2013

UNA CORONA PER ASPETTARE IL SOLE

Ovvero un rito apotropaico per cacciare il buio
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E’ freddo, umido, nebbioso, se stendi i panni non si asciugano, comincia a fiorire qualche muffa sui muri di casa, anche l’artrosi cervicale approfitta della situazione per farsi sentire.
E alle quattro di pomeriggio è già scuro.
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Il mondo appena fuori casa

In poche parole  bisogna convincere il Sole che è ora che riemerga un po’ prima dall’orizzonte.

A fine novembre lo ho incontrato un giorno che aveva finalmente deciso di cacciare il naso fuor dalle nubi  e rispettosamente gli ho fatto notare che era ormai dal 22 settembre che ogni giorno si faceva vedere più tardi, che sarebbe stato carino se si fosse deciso ad alzarsi un po’prima la mattina. Lui niente! Fa il prezioso dice che non ne ha voglia, che tanto con questa crisi che si alza a fare, che se non si impegnano nemmeno i governanti perchè mai dovrebbe impegnarsi lui, (pure qualunquista ‘sto Sole mi sta diventando) e avanti con la solfa. Insomma, per convincerlo a darsi un po’ daffare ho dovuto promettergli un Adventskranz come si deve fatto secondo tutti i crismi. Così i giorni scorsi sono andata per campi e giardini a cercare la materia prima e mi sono messa al lavoro.
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La corona dell’avvento (Adventskranz) di quest’anno è in rami di cedro

Il primo dicembre, domenica,  ho acceso la prima candelina e per tutta la settimana alla sera la ho fatta ardere, poi l’otto di dicembre, sempre domenica, ho acceso anche la seconda, ed il quindici toccherà alla terza. Ho fatto le cose per bene, solo ho omesso l’invocazione tenendosi tutti in circolo per mano.
Se il 22 di dicembre, quando anche alla quarta candela verrà data fiamma, il Sole non si dovesse decidere tornare non so proprio più come fare per convincerlo.

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Questa qui sopra ,dell’altranno, è in cipresso

Scusate la storiella scherzosa, mi è venuta così senza premeditazione. Ora un poco più seriamente ecco le cose come stanno. La tradizione nordica della corona dell’avvento (Adventskranz) è un sovrapporsi tra antichi culti dedicati al sole e cristianesimo, un po’ come capita per l’albero di natale. A casa nostra la si è sempre fatta sebbene con spirito decisamente pagano.
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Questa di Terre Alte è una in classico in abete

L’usanza prevede che a partire dalla prima domenica di avvento la famiglia la sera si ritrovi tutta insieme e che reciti le orazioni tenendosi per mano attorno alla corona con una sola candela accesa, così per tutte le sere della settimana.
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Ecco la mia Adventskranz di questo dicembre accesa

Al giungere della seconda domenica d’avvento si accenderà anche la seconda candela procedendo nel percorso di avvicinamento al natale sino all’ultima domenica quando le candele saranno accese tutte quattro.

Sono consuetudini, che sebbene in casa nostra non si sia mai pregato, mi accompagnano sin da quando ero bimba. La corona dell’avvento la si faceva, e alla sera si accendevano le candele, poi qualche volta, per il piacere di stare insieme, senza bisogno di orazioni, con mio padre e mia sorella ci si teneva un po’ per mano guardando le fiamme danzare.

Nell’ottobre di quasi dieci anni fa, in uno dei suoi ultimi giorni, mio padre ci chiese di non dimenticarci di fare l’Adventskranz e, accendendone le candele, di ricordarci di lui.
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Per finire la più bella, corona e foto sono di TerreAlte.

martedì 3 dicembre 2013

LA PECORA

Ovvero sadico affetto.
Cari amici, alla fine di agosto tornando dall’Inghilterra, mi hanno fatto dono di un sacchettino, dentro, decine e decine di minuscoli pezzetti che se fossero stati molto più grandi avrei chiamato “lego”.
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Dopo molto lavoro diluito nel tempo, ho completato l’assemblaggio ed essendo in coincidenza di ciò iniziato dicembre mi pare adatto mostrarvi il risultato.

Per dare un idea delle proporzioni ho appoggiato il frutto del mio sudato impegno sul mio porta spilli,  i blocchetti da “1” sono più piccini della capocchia di questi.
Ora ditemi voi, posso continuare a chiamare i donatori di tal rompicapo “amici”?

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La metterò nel presepe che non faccio.

domenica 24 novembre 2013

ALI ALLE PAROLE E VENTO ALLE ALI

2011-08-290147a Se la rete serve a qualcosa è senza dubbio a far volare le idee, quindi
riprendo e pubblico dal blog di Luigi Bruschi “LA CITTA’ INVISIBILE” l’ intervista a

JOSE’ MUJICA
presidente dell’Uruguay, realizzata da Riccardo Staglianò

“La mia idea di vita è la sobrietà. Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere [...] d’altronde chi non è felice con poco non sarà felice con nulla.”

Diamo vento alle ali di queste parole, che volino alto e lontano.

domenica 10 novembre 2013

ALTRO TEMPO PERSO

Piove. Novembre, fin’ora languido e dolce come unA fine estate, comincia a mostrare il suo consueto volto.
Ha rinfrescato e questa notte arriveranno vento forte e aria fredda da nord.
Ho riportato in casa le piante più delicate, ho salutato le mie splendide impatiens che probabilmente domani finiranno di essere il cuscino di fiori rossi che ancora questa sera sono.
Poi mi sono messa a sprecare un po’ di tempo producendo cose inutili.
Più o meno come queste.
Ho preso delle vecchie scatole di metallo del tè e le ho verniciate di bianco.
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Poi coi miei soliti acquerelli da bambini dell’asilo mi sono messa a tentare di prolungare l’estate disegnando papaveri.
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Ci metterò il tè verde che mi hanno regalato, adesso è in una scatolina di cartone e nella mia casa, umida d’inverno, si rovinerebbe di sicuro.
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Ho un’altra scatola già verniciata di bianco, cosa ci disegno?
Attendo suggerimenti

mercoledì 6 novembre 2013

PROFUMO DI SALE

Ovvero un’idea piccina piccina.

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Non è ghiaccio alla base di rocciose montagne,

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non è un ruscello che serpeggia nel gelo,

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non sono cumuli di neve sporca.

E’ SALE.

Montagne di sale greggio appena raccolto, fotografato a Salin de Giraud in Camargue

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Che è il paese qui sopra.

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Questi invece sono i bei colori della salina di Marim vicino ad Olhao in Portogallo

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fotografata proprio di fronte alla vecchia stazione abbandonata.

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Questo è il mio tavolo e dunque si ritorna all’idea piccina picciò del sottotitolo del post di oggi.
Ho finito le acciughe sotto sale, non compro mai quelle sott’olio, costano molto di più e l’olio solitamente è di bassa qualità.
Terminate le acciughe rimane il sale che le conservava, anzichè buttarlo lo faccio asciugare e lo tengo in un barattolo accanto al sale comune, a portata di mano da usare a seconda dei piatti. In aggiunta a questi due c’è un terzo baratolo: quello del sale profumato che ho appena finito di preparare.

Il sale profumato lo faccio in più modi, dipende dall’estro del momento, ma la base è sempre quella:

Sale fino aglio, cipolla, rosmarino, salvia, pepe.

Circa 1/4 di cipolla  e un paio di spicchi d’aglio per 800 1000 g di sale, un cucchiaio di pepe in grani, le erbe è meglio che siano secche perchè si sminuzzano meglio, alle classiche salvia e rosmarino si possono aggiungere molte altre compagne, io solitamente metto santoreggia e timo per un profumo più piccante.  Maggiorana e alloro per un aroma più dolce…

Cumino, anice, finocchio, coriandolo… è tutto ammesso, basta annusare man mano che si procede fino che si è soddisfatti.

Sulla quantità di sale indicata per dare un po’ di sapore in più non ci stanno male (se li usate) un paio di dadi da brodo, oppure se non li utilizzate qualche cucchiaiata di fiocchi di lievito alimentare che ha un sapore simile.
Si mette tutto nel mixer e si frulla.

Si possono preparare miscele più adatte al pesce, altre per le insalate, oppure per la carne.

I miei tre barattoli sono sempre sul tavolo da lavoro accanto ai fornelli.

lunedì 7 ottobre 2013

NEL GIARDINO SELVAGGIO

Sono fortunata, godo del previlegio di potermi aggirare in uno splendido giardino selvaggio quasi come fosse mio.
Ogni volta che voglio posso godere dei suoi silenzi, dei colori, dell’odore di bosco e di fiori che diffonde, posso camminare sotto i suoi grandi gelsi e qualche volta anche rubare un fiore da mettere in vaso sulla mia tavola. E’ un giardino un po’ speciale come la sua artefice, esuberante generoso e un po’ disordinato, un giardino di campagna che qualcuno ha avuto il coraggio di definire “en Bisar” ovvero un bisciaio.
Malgrado non volesse essere un complimento può anche essere che lo sfacciato detrattore non avesse tutti i torti, infatti anche le biscie sono rispettate ed hanno il loro posto nel giardino di Milena.
In questi giorni di inizio autunno insolitamente piovosi e cupi, proprio nei punti meno soleggiati, il giardino selvaggio ci sta regalando una delicata ma abbondante fioritura.

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In un altro angolo, un po’ per arte, un po’ per fortuna, i settembrini riprendono il lilla tenue dei ciclamini selvatici che ogni anno sbocciano sempre più abbondanti.

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A qualche metro l’invasione dei topinambur, che non invitati si sono aggiunti alle aiuole tra le ultime zinnie, contribuisce a giustificare il nome di Giardino Selvaggio che ho voluto attribuire a questo posto capace sempre di rasserenarmi.

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Oggi ho rubato al giardino di Milena un minuscolo mazzo di ciclamini selvatici, fioriscono senza le foglie

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Quando perdono il fiore arricciano lo stelo su se stesso fino a portare il seme che va crescendo, a contatto del suolo, e talvolta anche fin dentro il terreno. Le foglie aspetteranno la primavera per farsi vedere.
Per coronare i piccoli  fiori che ho raccolto ho usato le foglie d’edera che con una certa fantasia possono richiamare quelle del ciclamino. 

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Grazie dei fiori Milena!

giovedì 12 settembre 2013

giovedì 15 agosto 2013

domenica 30 giugno 2013

DOPO LA GRANDINE

Lunedì 24 giugno sul riminese si sono abbattuti un nubifragio ed una grandinata devastanti, oggi siamo andati a vedere cosa è rimasto nella campagna della fascia colpita.

NIENTE

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Il grano e l’orzo erano pronti per la trebbiatura, ma a trebbiare ci ha pensato Giove Pluvio
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questi erano dei carciofi
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questi campi di mais,
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campi di girasole
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per capire di cosa fosse stato questo appezzamento, ci sono dovuta entrare a cercare tra i residui qualche indizio, il penetrante odore mi ha aiutato: coriandolo da seme, tanto per capirci, ad un chilometro di distanza la stessa coltura si presenta così:
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entrambe le foto sono state fatte oggi.

Quello che lascia più interdetti sono però i vigneti, lì i danni non si limitano alla perdita del prodotto di quest’anno, i guai si trascineranno anche l’anno prossimo.20130630_5124
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sembra inverno, ma anche qui sotto, a poche centinaia di metri di distanza, malgrado l’aspetto buono, i grappoli sono tutti danneggiati e le foglie ed i rami sono rotti.

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Nella prossima immagine si vede bene la diversa intensità che ha avuto la grandinata, man mano che ci si allontana sembra che cambi la stagione, passando da una malandata estate, (i rami più esposti anche qui in primo piano sono defogliati) ad un triste inverno

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Grano maturo (se fosse rimasto qualcosa) ed alberi spogli.

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Altri vigneti.

No, non tutti erano assicurati, e in molti hanno perso tutto il raccolto.