"SOLO L'ASSENZA DI CERTEZZE PUÒ AIUTARCI A RESTARE LIBERI"
(Roberto Esposito)

mercoledì 28 luglio 2010

CARE DONNE

Care donne che tutti i giorni venite nei Consultori Familiari o negli ospedali e ottenete aiuto e attenzione, visite mediche, ostetriche e ascolto. Visite in gravidanza, gruppi di allattamento, Pap-test, contraccezione...

Trovo questa pagina che contina qui  navigando per passi sucessivi partendo dal blog di Valverde

Mi pare importante.

Passano i secoli, ma il nostro corpo continua ad essere terra di conquista, bottino di guerra. Siamo ancora campo di battaglia sia nelle guerre guerreggiate sia nelle lotte politiche e sociali.

venerdì 23 luglio 2010

ORO

...E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro, 2010-06-270012 
con le tue spighe doni all' uomo il pane, 2010-07-030047a alle femmine l' oro, alle femmine l' oro...  2008-08-100084a
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio, il leone,
riposa, bevi e il mondo attorno appare come in una visione,2009-06-140068 come in una visione2010-06-250003Da "Canzone dei dodici mesi" di Francesco Guccini.

martedì 6 luglio 2010

DOMANI, CINQUANT'ANNI FA.

Reggio Emilia 7 luglio 1960

Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli

QUI la versione degli Stormi Six

Sto leggendo in questi giorni il romanzo di Renata Viganò  "L'Agnese va a morire" image libro importante, bello e commovente, che conoscevo ma che leggo adesso per la prima volta. E' un caso che io lo abbia tra le mani proprio ora, ma mi pare una coincidenza bella, appropriata. Un libro giusto per ritrovare le origini dei fatti accaduti 15 anni dopo, nel luglio di cinquant'anni fa, sempre in Emilia Romagna.

QUI un po' di storia se avete voglia di leggere

Scrive Pier Paol Pasolini a proposito della poesia  riportata di seguito:

Le radici del Luglio

Sotto questa poesia, ho voluto apporre, ben chiara e circostanziata, la data - aprile 1960: cosa che di solito non faccio mai: anche perché le mie poesie restano in laboratorio tanto tempo, che in realtà finiscono con l'essere scritte e riscritte varie volte, e la loro data di solito abbraccia un'annata o due di lavoro. […] In questo caso la data l'ho messa bene in vista solo per dare alla poesia una giustificazione politica: volevo cioè ricordare al lettore che aprile non è luglio, che la formazione del governo Tambroni non è la cacciata del governo Tambroni, e che la spocchia dei neofascisti non è la sconfitta dei neofascisti. L'indignazione politica contenuta in questi versi può sembrare un poco pessimista e dolorosa: ma lo credo! Niente, in quel momento in cui li ho scritti - lo scorso aprile - autorizzava ad avere una specifica: la speranza di un sollievo immediato almeno dalla vergogna del "revival" fascista. Se riscrivessi ora sullo stesso argomento non potrei non tenere conto, certamente, del significato di questa estate politica: del fatto cioè che quella mia indignazione, che io credevo ristretta a pochi memori, è invece condivisa da una grande maggioranza di italiani, tra cui soprattutto, i giovani: quelli di Genova, quelli di Reggio, quelli di Roma, quelli di Palermo. Ciò non significa che mi abbandonerei a un facile ottimismo: questo mai. Né credo potrei mai cancellare in me l'impressione che quello che hanno fatto i fascisti e i nazisti nel mondo è stato così disumano, da presentarsi come una piaga di non facile guarigione nel corpo dell'intera umanità. […]”

Vie Nuove, 29 ottobre 1960

La croce uncinata

Da molte notti, ogni notte, 
passo sotto questo tempio, tardi, 
nel silenzio dell'aria 
del Tevere, tra rovine scomposte. 
Non c'è più intorno nessuno, allo scirocco 
che spira e cade, fioco tra le pietre: 
forse ancora una donna, laggiù, e dietro 
il bar di Ponte Garibaldi, due tre poveri 
ladri, in cerca di dormire, chissà dove.

Ma qui, nessuno: passo veloce, 
rotto da una notte tutta ansia e amore: 
non ho più niente nel cuore 
e non ho più sguardo negli occhi. 
Eppure, quest'immagine, col passare delle notti, 
si fa sempre più grande, più vicina: 
ecco lo spigolo, liberty, contro la turchina 
distesa del Tevere: ed ecco i poliziotti 
che piantonano il tempio, tozzi e assorti. 
Li vedo appena, coi loro cappotti 
grigiastri, contro un albero secco, 
contro i bui scorci del ghetto: 
e colgo una breve luce, negli occhi 
umiliati dal loro goffo sonno di giovinotti: 
una accecata stanchezza che vede nemici 
in ognuno, un veleno di dolori antichi, 
un odio di servi: restano indietro, 
soli come lo scirocco che vortica tra le pietre. 

Una vergogna, triste come la notte 
che regna su Roma, regna sul mondo. 
Il cuore non vi resiste: risponde 
con una lacrima, che subito ringhiotte. 
Troppe lacrime, ancora non piante, lottano, 
oltre questi umilianti quindici anni, 
dentro le nostre dimentiche anime: 
il dolore è ormai troppo simile al rancore, 
neanche la sua purezza ci consola. 

Troppe lacrime: a coloro che verranno 
al mondo, per molto tempo ancora 
questa vergogna farà arido il cuore. 
Aprile 1960